Non voglio una vita spericolata: differenze individuali nel Personal Need For Structure.

Il personal need for structure indica un costrutto, secondo il quale alcuni preferiscono la chiarezza e l’ordine nelle situazioni e altri l’imprevedibilità.
Una delle variabili psicologiche che influenza il modo di categorizzare la realtà è il Personal Need for Structure (PNS) teorizzato da Thompson, Naccarato, Parker, & Moskowitz (2001). Secondo gli autori, gli individui con un alto livello di Personal Need for Structure sono costituzionalmente portati a preferire l’ordine, la chiarezza e la definizione nelle situazioni quotidiane, sono poco attratti dalla possibilità di mettere in discussione e cambiare attitudini, pensieri e comportamenti e reagiscono con ansia e fastidio di fronte all’ambiguità e all’imprevedibilità (Thompson et al., 2001).
Il bisogno di categorizzare la realtà in strutture mentali ordinate e dotate di senso è una prerogativa fondamentale di ogni essere umano, in quanto siamo incessantemente bombardati da un fuoco incrociato di informazioni provenienti dall’ambiente in cui viviamo, dagli altri e da noi stessi. Se non potessimo elaborare e rappresentare la realtà secondo strutture cognitive dotate di senso ci sarebbe impossibile muoverci all’interno di essa e finiremmo per percepire il mondo come un inimmaginabile, spaventoso e paralizzante caos. Per struttura cognitiva si intende la creazione e l’uso delle rappresentazioni mentali (schemi, prototipi, scripts, atteggiamenti, stereotipi) che sono semplificazioni generalizzate delle esperienze. Sebbene la conoscenza che deriva da queste strutture non possa essere applicata a tutte le situazioni e non sia sempre accurata, essa ci permette di trarre conclusioni su un evento in tempi ragionevolmente brevi e senza spendere un’enorme quantità di energie cognitive nel tentativo (Neuberg & Newsom, 1993).

Esiste una generale tendenza a vivere le situazioni imprevedibili ed incerte come ansiogene e stressanti, in quanto questo tipo di eventi viola l’ancestrale bisogno umano di trovarsi in un ambiente prevedibile e strutturato, che possa favorire l’adattamento e la sopravvivenza dell’individuo (Rietzchel, De Dreu, & Nijstad, 2007). Questa tendenza, però, non è presente in tutti allo stesso modo, ma ci sono differenze individuali sia nella frequenza con cui le persone categorizzano le informazioni in strutture definite, sia nella modalità con cui reagiscono di fronte alla mancanza dichiarezza ed ordine (Neuberg et al., 1993).

Il Personal Need for Structure: descrizione del costrutto e strumento di misura
Una delle variabili psicologiche che influenza il modo di categorizzare la realtà è il Personal Need for Structure (PNS) teorizzato da Thompson, Naccarato, Parker, & Moskowitz (2001). Secondo gli autori, gli individui con un alto livello di Personal Need for Structure sono costituzionalmente portati a preferire l’ordine, la chiarezza e la definizione nelle situazioni quotidiane, sono poco attratti dalla possibilità di mettere in discussione e cambiare attitudini, pensieri e comportamenti e reagiscono con ansia e fastidio di fronte all’ambiguità e all’imprevedibilità (Thompson et al., 2001). Inoltre, questi soggetti si mostrano rigidi, caratterizzati da una tipologia di pensiero del tipo “bianco o nero” che non prende in considerazione sfaccettature troppo complesse e tendono ad evitare informazioni ambigue (Cavazos, Judice-Campbell, &
& Ditzfeld; 2012).

Il livello di Personal Need For Structure si misura tramite l’omonimo questionario autosomministrato sviluppato dal gruppo di ricerca di Thompson, Neuberg e Naccarato (Naccarato & Parker, 1989; Neuberg et al., 1993; Thompson et al., 2001) e adattato in italiano da Vannucci, Mazzoni e Cartocci (2011). Il questionario è composto da 12 items a cui il soggetto dà un punteggio da 1 (completamente in disaccordo) a 6 (completamente d’accordo); un alto punteggio indica un elevato livello di Personal Need For Structure. Tale costrutto è composto da due fattori, misurati da due sottoscale: il bisogno di struttura (“Need for simple structure”) e la risposta alla mancanza di struttura (“Response to a lack of structure). Il primo fattore riguarda la preferenza verso ciò che è prevedibile, semplice e ben organizzato, per cui individui con alti punteggi in questa sottoscala preferiscono avere una vita strutturata e lineare e si trovano d’accordo con affermazioni tipo:
“Penso che una routine regolare mi metta in grado di godermi maggiormente la vita”; “Sono felice di avere uno stile di vita chiaro e strutturato”; “Mi piace avere una collocazione per tutto e che tutto sia al proprio posto”.

Il fattore “Response to a lack of structure”, invece, descrive la tendenza a reagire con emozioni negative e disagio di fronte alle situazioni imprevedibili e non organizzate. Persone con un alto punteggio in questa scala esprimono accordo per items come: “Non mi piacciono le situazioni incerte”; “Odio cambiare i miei programmi all’ultimo momento”; “Odio stare con persone imprevedibili”; “Mi sento a disagio quando in una situazione le regole non sono chiare”, mentre sono in disaccordo con affermazioni del tipo: “Mi piace l’allegria dovuta al trovarmi in una situazione imprevedibile”.
Personal Need for Structure e processi cognitivi: dalla percezione di categorie illusorie alla formazione di stereotipi

Ma qual è l’utilità di questo costrutto? Una crescente letteratura ha tentato di mettere in relazione il livello di Personal Need for Structure con altre variabili psicologiche, per analizzare quali sono le caratteristiche dei soggetti con altoPersonal Need for Structure.

Alcune ricerche hanno dimostrato che il Personal Need for Structure influenza innanzitutto il modo in cui elaboriamo le informazioni a livello prettamente percettivo (Vannucci et al., 2011; Whitson & Galinsky, 2008). In un interessante esperimento di Vannucci et al. (2011), ad esempio, soggetti con alti livelli di Personal Need for Structure sono stati sottoposti ad un task al computer che consisteva nel cercare di identificare immagini di oggetti la cui nitidezza era stata alterata a vari livelli. I soggetti potevano provare ad identificare subito l’oggetto, oppure dire “non so” e tentare di farlo ad una condizione di minore ambiguità. Immediatamente prima di essere sottoposti al task, tutti i soggetti avevano partecipato ad un altro compito durante il quale i soggetti sperimentali avevano ricevuto feedback del tutto casuali rispetto alla correttezza delle proprie risposte, trovandosi quindi in una situazione percepita come “fuori controllo”; i soggetti di controllo, invece, non avevano ricevuto alcun feedback ed erano stati spronati a dare la risposta più istintiva possibile senza preoccuparsi della sua accuratezza.
I risultati hanno mostrato che i soggetti nella condizione di mancanza di controllo tendevano a tentare identificazioni più precoci rispetto ai controlli, cercando di categorizzare anche gli stimoli più ambigui; le risposte di controlli e soggetti sperimentali, però, non differivano nel livello di accuratezza. In pratica, l’elevato bisogno di struttura spingeva i soggetti con alto Personal Need for Structure che si trovavano in una situazione fuori dal loro controllo a cercare di eliminare l’ambiguità il prima possibile, “costruendo” una percezione illusoria di struttura a partire da uno stimolo che, nella realtà, ne era privo (Vannucci et al., 2011).
Questa modalità di affrontare la realtà creando categorie illusorie sembra presentarsi anche sottoforma di caratteristiche più squisitamente cognitive. In uno studio ormai datato (Smith & Gordon, 1998) i soggetti con più alti punteggi di Personal Need for Structure, rispetto a quelli con punteggi più bassi, riportavano atteggiamenti più negativi nei confronti di persone omosessuali; gli autori hanno spiegato questo dato affermando che il bisogno di semplificazione e categorizzazione gioca un ruolo fondamentale nello sviluppo e nel mantenimento di stereotipi. Uno studio più recente (Clow & Esses, 2005) ha confermato che i soggetti con alto Personal Need for Structure tendono a sviluppare stereotipi meno accurati di fronte a persone sconosciute e che il fatto di ottenere più informazioni sull’oggetto dello stereotipo non modifica il loro punto di vista. Coerentemente con questi dati, alti livelli di Personal Need for Structure sembrano correlare positivamente con alta rigidità cognitiva e scarsa adattabilità (Hamtiaux & Houssemand, 2012) e negativamente con apertura mentale (Sarmany-Schuller, 2000; Schaller, Boyd, Yohannes, & O’Brien, 1995) e tolleranza all’ambiguità/incertezza (DeRoma, Martin, & Kessler, 2003).
Personal need for structure e creatività: il disegno degli alieni

In questa cornice, non stupisce scoprire che gli individui con alti livelli di Personal Need for Structure sembrano avere difficoltà nei compiti che richiedono creatività (Thompson et al., 2001); ad esempio, potrebbero avere notevoli difficoltà nel disegnare un alieno, partorendone, dopo molto sforzo, uno poco dettagliato e originale (Rietzchel, Slijkhuis, & Van Yperen, 2014).

Un disastro, quindi? Non sempre. Studi più recenti (Rietzchel et al., 2014; Rietzchel et al., 2007) hanno messo almeno in parte in discussione l’idea che alti livelli di Personal Need for Structure si associno a performance peggiori in compiti creativi. Secondo l’autore, infatti, un alto livello di Personal Need for Structure sarebbe correlato a bassi livelli di creatività solo se accompagnato da alti livelli di un altro costrutto: la paura dell’invalidazione o “Personal Fear of Invalidity” (PFI, Thomson et al., 2001), cioè la paura di prendere una decisione sbagliata e quindi pagarne le conseguenze. Gli individui con alta PFI avrebbero la tendenza a preoccuparsi molto prima di prendere una decisione e ad essere di conseguenza indecisi e titubanti.

Un individuo con alti livelli di Personal Need for Structure e di PFI, messo di fronte ad una situazione ambigua e destrutturata, cadrebbe in contraddizione: da una parte il suo forte desiderio di struttura lo spingerebbe alla ricerca di una soluzione semplice e logica, dall’altra la paura di sbagliare lo costringerebbe a complicare il problema vagliando tutte le soluzioni possibili, in una spirale di ansia che inibirebbe il pensiero creativo. Gli individui con altoPersonal Need for Structure ma bassa PFI, invece, strutturerebbero in maniera semplice e veloce il problema e sarebbero più focalizzati sulla ricerca di una soluzione, in quanto questa ridurrebbe lo stato di ambiguità in cui si trovano a disagio; pensando in modo sistematico e non casuale, alla fine produrrebbero più idee, tra le quali probabilmente almeno alcune finirebbero per essere originali (Rietzchel et al., 2007).

Dunque, anche i soggetti con alti livelli di Personal Need for Structure possono essere creativi, a modo loro. Se poi il compito richiesto è altamente strutturato, nel senso che richiede sì la produzione di idee originali, ma la procedura è descritta in modo dettagliato e si sviluppa in modo logico e sequenziale, i soggetti con altoPersonal Need for Structure avranno la loro rivincita, dimostrando di essere in grado di disegnare originalissimi alieni (Rietzchel et al., 2014).
Personal Need For Structure: implicazioni cliniche

Fino a questo momento abbiamo detto che i soggetti con alti livelli di Personal Need for Structure funzionano meglio di fronte a situazioni strutturate e di cui percepiscono il controllo, mentre reagiscono con disagio di fronte all’incertezza e all’ambiguità, cercando in tutti i modi di “infilare” la nuova situazione in un “cassetto” vecchio, oppure creandone uno nuovo a tutti i costi, anche se illusorio. Ma cosa succede quando nessuna di queste operazioni è possibile?

La risposta a questa domanda sembra avere importanti implicazioni anche dal punto di vista clinico. Innanzitutto, vari studi hanno evidenziato che esiste un’associazione positiva tra alti punteggi alla sottoscala “Response to a lack of structure” e alti livelli diansia (Neuberg et al., 1993; Sollár, 2008; Prokopcakova, 2015).

Inoltre, alti livelli di Personal Need for Structure sono risultati associati positivamente ad una mancanza di processi creativi di fronte alla consapevolezza della propria mortalità (Routledge & Juhl, 2012) e negativamente all’ottimismo (Prokopcakova, 2015).

Tenendo conto di questi dati, tale persistente modalità di pensiero rigida e inflessibile, unita alla mancanza di creatività di fronte ai problemi della vita e ad un’elevata intolleranza all’incertezza, potrebbe persino aumentare il rischio di suicidio in soggetti già predisposti; infatti, alti livelli di Personal Need for Structure si sono rivelati predittori di tentativi di suicidio in un campione di ex-offenders affetti da Disturbo da Uso di Sostanze (Majer, Beasley, & Jason, 2015).

A livello terapeutico, perciò, valutare il Personal Need for Structure potrebbe essere utile e doveroso, in modo da poter agire sui processi cognitivi per renderli più flessibili, aiutando il paziente a sviluppare creatività e tolleranza all’incertezza, e a creare nuovi punti di vista su di sè, gli altri e il mondo. Magari anche disegnando bellissimi alieni, perchè no?

tratto da: stateofmind.it

Pubblicato in NEWS e taggato , , , , .