Identificata l’azione del gene SIc6a15 sui neuroni implicati nella depressione: livelli alterati di questo gene sembrano aumentarne la vulnerabilità.
Uno studio recente ha identificato la relazione tra uno specifico gene e la vulnerabilità di soggetti con depressione a fattori stressogeni e alla caduta nella spirale di abbassamento dell’umore, con relative conseguenze nella vita quotidiana.
La depressione è una patologia che affligge più di 300 milioni di persone all’anno ed è la seconda causa principale di morte, soprattutto per suicidio, tra i 15 e 29 anni. Ciò avviene perché tale condizione distrugge la qualità di vita sia di chi ne soffre che delle loro famiglie. A determinarne la manifestazione sono non solo fattori ambientali ma anche genetici.
Rispetto a ciò uno studio recente ha identificato la relazione tra uno specifico gene e la vulnerabilità di soggetti con depressione a fattori stressogeni e alla caduta nella spirale di abbassamento dell’umore, con relative conseguenze nella vita quotidiana del paziente. Questa ricerca è stata effettuata dalla scuola di medicina dell’università di Maryland e pubblicata suJournal of Neuroscience (Chandra et al., 2017). Il gene identificato è conosciuto come SIc6a15 e la sua azione sui neuroni implicati nella depressione è stata verificata sia negli umani che negli animali. Infatti, le persone che presentano livelli alterati di questo gene in specifiche regioni cerebrali implicate nella regolazione emotiva sono più vulnerabili alla depressione o ad altre problematiche di natura emotiva correlate allo stress (Kohli et al., 2011).
Gene della depressione: come si comporta a livello cerebrale
Il legame tra questo gene e specifiche popolazioni di neuroni era stata già individuata nel topi (Lobo et al., 2016); in particolare, era stato evidenziato il coinvolgimento dei neuroni D2 del nucleo accumbens, regione alla base del circuito della ricompensa. Quest’ultimo si attiva ogni volta che si vive un’esperienza piacevole, cosa che non avviene nella depressione, caratterizzata dall’incapacità di provare piacere verso qualsiasi tipo di attività (anedonia).
Dunque, nelle condizioni depressive i neuroni del nucleo accumbens non si attivano come dovrebbero, non rilasciando dopamina e, di conseguenza, non attivando il circuito della ricompensa. Ciò è stato studiato prima sui ratti e poi sugli umani. Nel primo caso, i ricercatori avevano dimostrato che i topi suscettibili alla depressione, misurata attraverso la perdita di interesse per il cibo preferito solitamente, presentavano un’attività ridotta del gene SIc6a15 nel nucleo accumbens. Viceversa, quando si aumentava l’attività di tale gene, i topi diventavano più resilienti nel fronteggiare lo stress. Per quanto riguarda gli umani, invece, gli sperimentatori hanno analizzato i cervelli di persone morte per suicidio a causa del disturbo depressivo maggiore riscontrando gli stessi risultati ottenuti sugli animali.
Questi dati dimostrano l’esistenza di una correlazione tra il gene e il comportamento depressivo, anche se non è ancora chiaro come l’ SIc6a15 lavori esattamente nel cervello. Probabilmente esso altera i livelli di neurotrasmettitori cerebrali, cosa che potrebbe rivelarsi utile nel delineare un nuovo trattamento farmacologico ad hoc.
Tratto da: www.stateofmind.it