Comprendere le cause della dislessia è molto importante per aiutare nel modo più corretto i bambini colpiti da questo disturbo specifico dell’apprendimento (DSA). Tutti abbiamo a disposizione quattro canali sensoriali per apprendere le cose: quello visivo-verbale, quello non-verbale noto anche come visivo iconografico, quello uditivo e infine quello cinestetico. Il canale visivo-verbale permette di imparare attraverso la scrittura e la lettura, quello visivo iconografico permette di apprendere mediante i diagrammi, i grafici e i colori, quello uditivo mediante l’ascolto e quello cinestetico attraverso l’esperienza pratica, l’interazione con gli altri e il confronto. Nelle persone dislessiche vi è un problema dell’adattamento agli stimoli sensoriali sia di tipo visivo che uditivo. Il cervello dei dislessici funziona perfettamente in presenza di un singolo stimolo ma, in determinati casi come potrebbe essere la lettura (dove si collegano suoni e immagini), può avere delle difficoltà. Un po’ di chiarezza sul meccanismo che c’è dietro questo fenomeno è stata fatta da un gruppo di ricercatori del MIT (Massachusetts Institute of Technology) e della Boston University. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista internazionale Neuron (Dysfunction of Rapid Neural Adaptation in Dyslexia – doi: 10.1016/j.neuron.2016.11.020).
Il cervello delle persone non affette da dislessia riesce ad immagazzinare agevolmente un’informazione indipendentemente dal canale sensoriale d’entrata. Nei casi di bambini con DSA ci sono invece delle difficoltà di apprendimento se si utilizza unicamente il canale visivo-verbale. Per aggirare il problema si cerca quindi di fornire degli input sensoriali differenti che permettono, al tempo stesso, di mettere in risalto le capacità e le qualità del bambino.
Tyler Perrachione, primo autore dello studio, spiega che i bambini che soffrono di dislessia, presentano un meccanismo di percezione sensoriale meno efficiente. Vi è in pratica un ritardo nell’adattamento cerebrale nei casi in cui ci siano dei rapidi cambiamenti degli stimoli sensoriali. Fino ad oggi se ne conoscevano gli effetti ma poco si sapeva sulle cause di questo meccanismo. Non si sapeva inoltre se la DSA potesse alterare in qualche modo la percezione sensoriale.
Nell’indagine i ricercatori hanno esaminato la neuro-plasticità, nota anche come plasticità cerebrale, di un gruppo di persone con e senza dislessia. La neuro-plasticità è la capacità dell’encefalo di modificare la propria struttura e le proprie funzionalità a seconda dell’attività dei propri neuroni, in conseguenza a un determinato stimolo proveniente dall’ambiente circostante. La lettura, sebbene in apparenza possa sembrare tutto sommato una cosa semplice, è un’attività molto complessa che richiede una particolare plasticità cerebrale. Nelle persone non affette da DSA, la prima volta che si ascolta una determinata parola i neuroni reagiscono in maniera più forte, la stessa parola ascoltata le volte successive genererà una risposta neuronale più debole. Nel cervello si innescano una serie di cambiamenti chimici di adattamento che facilitano il processo man mano che lo stimolo diventa familiare, un processo chiave per l’apprendimento che nei soggetti dislessici presenta delle alterazioni.
Grazie all’ausilio della risonanza magnetica funzionale (fMRI), si è osservato cosa accadeva nel cervello delle persone coinvolte nello studio mentre ascoltavano delle voci. Per condurre il test una serie di parole veniva letta, a volte da una sola persona mentre altre volte ogni parola era pronunciata da voci differenti. L’analisi dell’attività cerebrale ha evidenziato che le persone non affette da dislessia che ascoltano una sola voce presentano un picco di attività, che dura da uno a due secondi, che successivamente diminuisce e si stabilizza. Quando le parole venivano lette da persone diverse si rilevava invece un adattamento cerebrale più faticoso. Nei soggetti con dislessia il processo di adattamento a una sola voce era invece più lungo e, a seconda dell’entità del disturbo, si superava di molto il tempo di uno due secondi del gruppo di controllo. Dai dati si è osservato che il cervello dei dislessici presenta una difficoltà ad adattarsi ad una singola voce analoga a quella presente nel cervello “normale” quando deve elaborare più voci.
Nella seconda parte dello studio si è analizzata la risposta cerebrale agli stimoli visivi. A volte venivano riproposte le stesse immagini altre volte solo immagini differenti che rappresentavano oggetti, volti o costituite da parole. Anche in questo caso, come per il test precedente, il cervello delle persone dislessiche necessitava di un maggior tempo di adattamento.
Il cervello umano è molto complesso e anche quello delle persone dislessiche, davanti a un singolo stimolo, può contare su meccanismi che possono sopperire ad alcune difficoltà. Per questo motivo anche i dislessici non presentano nessuna difficoltà nell’ascoltare una conversazione o nel riconoscere un volto, non è quindi possibile individuare il disturbo con una semplice conversazione. Per quanto riguarda la lettura cambiano però le carte in gioco ed è richiesto il coordinamento di più regioni del cervello destinate ad elaborare stimoli differenti.
Se davanti a singoli stimoli il cervello dei dislessici ha delle difficoltà ma riesce comunque a processare l’informazione, l’elaborazione simultanea di informazioni uditive e visive mette a dura prova i processi neuronali e questa è una delle cause dietro la difficoltà nella lettura per i dislessici. Per leggere dobbiamo vedere le lettere, comporre le parole, rielaborare l’informazione attribuendole un suono e collegare il tutto mediante la semantica, una serie di passaggi che aumentano le probabilità che qualcosa possa andare storto.
Nonostante queste nuove informazioni, attualmente non è ben chiaro come si possano verificare questi errori a causa dei deficit nell’adattamento neurale. Il sogno di John Gabrieli, coordinatore della ricerca, è quello che in futuro si possa trovare il modo di aumentare artificialmente la plasticità del cervello annullando il deficit presente nelle persone affette da dislessia.
Tratto da: http://www.universonline.it/_scienza/articoli_med/17_01_04_a.php