Trova un posto calmo, in cui non sarai disturbato per la prossima mezz’ora. Se puoi, spegni il cellulare o silenzialo. Magari nella tua stanza preferita. Cerca una sedia comoda su cui sederti, lascia le mani sulle ginocchia o poggiale una sull’altra in grembo. Prova ai rimanere dritto con la schiena, ma non rigido: spngi con i muscoli bassi della schiena; la spina dorsale si curverà in avanti spontaneamente e fisiologicamente, non serve un grande sforzo. La testa segue la spina dorsale, il collo è dritto, ma non rigido, lo sguardo è in avanti. Verifica di aver lasciato cadere le spalle: tutto il peso è retto dalla schiena, e poi dalla sedia, e dal pavimento. Prendi contatto con la sensazione di essere sostenuto. Mantenendo un atteggiamento gentile e accogliente, lascia che le sensazioni che vengono dai piedi, dalle gambe, dal fondo schiena e dal dorso occupino la tua attenzione: così come sono. Nessuna fretta, il tempo non è un problema.
Passa in rassegna le sensazioni dei piedi poggiati a terra, delle gambe piegate, dei glutei e del bacino poggiati sulla seduta, i piccoli movimenti della schiena, la tensione per mantenerla dritta ma non rigida, le spalle, le braccia. E poi il contatto con le mani, il calore, la sensazione del peso, o del sudore nei palmi. Allarga la consapevolezza al volto, alla testa. Rilassa gli occhi e la fronte. Lascia andare la mascella. Apriti a tutte le sensazioni che vengono dal tuo corpo, vivo e seduto, qui e ora.
Ora, c’è una sensazione più chiara tra le altre: stai respirando. Inspira ed espira, naturalmente. Ascolta il ritmo spontaneo della respirazione. Lascia che il respiro sia un cuscino su cui la mente può poggiarsi. Lascia che la sensazioni del corpo che respira, naturalmente, sia il centro della tua consapevolezza.
Con gentilezza, un respiro dopo l’altro.
Osserva se la respirazione è profonda o superficiale, senti come l’aria entra ed esce quasi da sé. Dando attenzione al respiro come faresti con un bambino che gioca tranquillo di fronte a te, la mente si raccoglierà spontaneamente. Ti sentirai sempre più a tuo agio, forse anche soddisfatto e contento.
Lascia che la mente diventi sempre più viva e serena attorno all’esperienza del tuo corpo che respira.
I pensieri o le “distrazioni” non sono un problema: quando ti accorgi che ti sei un po’ perso mentre seguivi il ritmo del respiro, semplicemente ricollegati a quella sensazione. Fallo una, venti o mille volte. Va bene così. Il giudizio e la critica non serviranno a niente. Semplicemente limitati a tornare.
Così facendo stai calmando e concentrando la mente, coltivi un raccoglimento che è una rarità nella vita quotidiana. È raro riuscire a concederci mezz’ora di semplice presenza silenziosa.
Quando la mente è calma e raccolta puoi iniziare a osservare. Cosa?
Inizia ascoltando i suoni intorno a te: un respiro dopo l’altro, lascia che entrino nella tua coscienza ed escano. Possono essere piacevoli o spiacevoli, o anche indifferenti. Appaiono, durano, cambiano, e tornano al silenzio. Osserva come sei spinto a seguire i suoni piacevoli, come nascano dei pensieri, o come vorresti cancellare quelli spiacevoli. Non hai nessun controllo su questi suoni, prova semplicemente ad ascoltare consapevole, lasciandoli essere quello che sono.
Allo stesso modo, osserva l’andare e venire dei pensieri, delle emozioni e delle sensazioni: quella parte della nostra vita che scorre sotto il livello di consapevolezza ordinaria. Un fiume silenzioso di cui ci rendiamo conto solo quando provoca una discontinuità – solitamente qualcosa che ci attrae o che vorremmo allontanare. Col tempo potrai osservare come la mente si agiti, per poi velocemente intorpidirsi e agitarsi nuovamente, provi avversione o desiderio per cose minime, giudichi incessantemente qualsiasi cosa, anche le più insignificanti, dubiti e vaghi un po’ confusa. Oppure come si concentri e diventi più salda, provi gioia e soddisfazione, viva una pace chiara e sensibile.
Puoi vedere come tutto, proprio tutto, anche la nostra identità, cambi incessantemente, attimo per attimo, momento dopo momento. Puoi osservare minuziosamente il continuo processo della incessante costruzione di chi siamo, di chi crediamo di essere.
Se diventerai intimo con questo costante costruirti, imparerai come prenderti una vacanza dalla preoccupazione di essere qualcuno, di fare qualcosa o arrivare da qualche parte.
Così facendo la pratica della consapevolezza, o mindfulness, può darci il dono che i filosofi greci ponevano come il più alto conseguimento: la conoscenza di noi stessi. Una conoscenza raggiunta con l’intimità con noi stessi, con l’accettazione della nostra esperienza diretta che, attimo dopo attimo, ci fa toccare con mano come tutto scorre via, nasce cresce e finisce, e che emozioni, sentimenti, opinioni e pensieri sono molto meno solidi di quanto avremmo creduto.
La meditazione ossia la pratica della mindfulness non ha a che fare con una confessione religiosa. È tuttavia intimamente legata all’etica, ossia all’impegno verso il bene nostro e altrui, perché ci mette in contatto con il fondamento tenero e universale che accomuna tutti gli esseri umani e ogni creatura sensibile, aprendoci alla compassione.
La pratica della minduflness ha radici millenarie in oriente (ad esempio le pratiche meditative buddhiste) e in occidente. Oggi è utilizzata nella psicologia clinica anche come tecnica di gestione dello stress e di prevenzione delle ricadute nella depressione.
I programmi Mindfulness Based Stress Reduction (MBSR), ovvero che riducono lo stress attraverso la consapevolezza) furono ideati per la prima olta da Jon Kabat Zinn. Si tratta di un intervento di medicina comportamentale tra i più efficaci oggi dispnibili. Kabat Zinn, sulla scorta della sua esperienza come meditatore, lo introdusse alla fine degli anni ’70 presso l’Università di Worcester (Boston) Massachusetts. Dopo 30 anni dalla sua introduzione, più di 400 ospedali e centri medici negli Stati Uniti lo utilizzano correntemente. Oggi è impiegato nelle cliniche preventive e riabilitative, ha trovato spazio in programmi di intervento nelle carceri e nelle scuole per curare e gestire ansia, stress, disturbi psicosomatici, panico.
Sembra proprio che “Meditate, gente, meditate!” sia un ottimo consiglio.
Dott.Stefano Ventura (Roma)
Tratto da: www.psicologi-italia.it